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Statue Non Vedo Non Sento Non Parlo


Statue Non Vedo Non Sento Non Parlo

Ah, le tre scimmiette. Simboli antichi, carichi di significati che risuonano attraverso i secoli, e che, nell'immaginario collettivo, si condensano nell'icastica espressione "Non vedo, non sento, non parlo". Ma ridurre queste figure, Mizaru, Iwazaru e Kikazaru, a una mera esortazione all'indifferenza, sarebbe una semplificazione grossolana, un'offesa alla profondità della loro genesi e alla ricchezza delle loro interpretazioni. Permettetemi, dunque, di guidarvi in un'esplorazione più accurata, rivelando dettagli e sfumature spesso trascurati, frutto di anni di ricerca e di studio meticoloso.

Le origini di questa triade si perdono nella notte dei tempi, intrecciandosi con le fibre stesse del buddismo e dello shintoismo, religioni che hanno plasmato il tessuto culturale del Giappone, la terra che più comunemente associamo a queste figure. Ma è un errore circoscrivere la loro influenza al solo arcipelago nipponico. Radici più antiche, infatti, affondano nel Subcontinent indiano, precisamente nel pensiero Samkhya, una delle più antiche scuole filosofiche induiste. Qui, i tre princìpi di "non vedere", "non sentire" e "non parlare" erano associati all'Atman, l'anima individuale, e alla sua liberazione dalle illusioni del mondo materiale, dalla catena del karma che lega l'uomo al ciclo incessante di nascita, morte e rinascita.

La trasmutazione di questi concetti in rappresentazioni antropomorfe, in scimmie che si coprono gli occhi, le orecchie e la bocca, è un processo lento, graduale, che si snoda attraverso rotte commerciali e scambi culturali tra India, Cina e Giappone. In Cina, in particolare, l'associazione tra le scimmie e la saggezza, l'astuzia e la capacità di imitare, contribuì a forgiare l'immagine che conosciamo. La scimmia, animale considerato sia sacro che pericoloso, divenne un veicolo per trasmettere insegnamenti morali e filosofici complessi.

E’ nel santuario di Toshogu a Nikko, in Giappone, che troviamo la raffigurazione più celebre, scolpita nel XVII secolo da Hidari Jingoro, un artista leggendario, avvolto nel mistero e nella cui biografia si mescolano realtà e mito. Ma anche in questo caso, la narrazione più diffusa rischia di oscurare la complessità del reale. Le tre scimmie di Nikko non sono isolate. Fanno parte di un pannello più ampio, composto da otto scene che illustrano i precetti di vita confuciani e le tappe fondamentali dell'esistenza umana. Le tre scimmie rappresentano, in questa sequenza, la fase dell'infanzia, l'età in cui l'apprendimento avviene attraverso l'osservazione e l'imitazione, un'età in cui è cruciale proteggere la mente e il cuore dalle influenze negative.

Il Significato Profondo: Oltre la Superficie

Lungi dall'essere un invito all'indifferenza, l'insegnamento delle tre scimmie rappresenta, in realtà, un'esortazione all'autocontrollo, alla consapevolezza, alla prudenza. Si tratta di un invito a filtrare le informazioni che riceviamo, a proteggerci dalle negatività, a coltivare la virtù del silenzio, non come forma di sottomissione, ma come strumento di discernimento e di riflessione.

"Non vedere il male" non significa chiudere gli occhi di fronte alle ingiustizie del mondo, ma piuttosto allenare lo sguardo a cogliere la bellezza, la verità, la positività anche nelle situazioni più difficili. Significa scegliere consapevolmente cosa nutrire la nostra mente, evitando di soccombere alla tentazione del sensazionalismo, della maldicenza, del pessimismo.

"Non sentire il male" non significa ignorare le sofferenze altrui, ma piuttosto proteggere le nostre orecchie dalle voci che seminano discordia, odio, invidia. Significa coltivare l'empatia, l'ascolto attivo, la capacità di comprendere le ragioni dell'altro, senza lasciarci avvelenare dal risentimento e dalla rabbia.

"Non parlare il male" non significa rinunciare alla libertà di espressione, ma piuttosto assumersi la responsabilità delle nostre parole. Significa misurare il peso di ciò che diciamo, evitare di diffondere pettegolezzi, calunnie, giudizi affrettati. Significa coltivare la virtù della sincerità, dell'onestà, della gentilezza, ricordando che le parole hanno il potere di ferire, ma anche di guarire.

Quindi, l'iconografia delle tre scimmie non è, in definitiva, un manifesto di passività, ma un invito all'azione, un invito a vivere una vita più consapevole, più responsabile, più virtuosa. È un invito a proteggere la nostra anima dalle scorie del mondo, a coltivare la nostra interiorità, a diventare agenti di cambiamento positivo.

Le Interpretazioni Moderne e la Loro Distorsione

Purtroppo, nel corso del tempo, il significato originario delle tre scimmie è stato spesso distorto, banalizzato, strumentalizzato. L'espressione "Non vedo, non sento, non parlo" è stata utilizzata per giustificare l'indifferenza, l'omertà, la complicità con il male. In contesti politici e sociali, è stata associata alla corruzione, all'abuso di potere, alla repressione.

Questa distorsione è particolarmente evidente nell'uso che viene fatto di questa iconografia sui social media. Le tre scimmie sono spesso utilizzate per esprimere cinismo, sarcasmo, disillusione. Vengono associate a meme, GIF, immagini che circolano in rete e che ne svuotano il significato originario, riducendole a semplici simboli di apatia e rassegnazione.

È importante, dunque, resistere a questa deriva, recuperare il significato autentico delle tre scimmie, restituirle alla loro nobiltà originaria. Dobbiamo ricordarci che non si tratta di un invito all'indifferenza, ma di un'esortazione alla responsabilità, alla consapevolezza, alla virtù. Dobbiamo utilizzare questa iconografia non come un pretesto per giustificare la nostra passività, ma come uno stimolo per agire, per fare la differenza, per costruire un mondo migliore.

Oltre le Tre Scimmie: Alla Ricerca di una Saggezza Attiva

E allora, cosa possiamo fare, concretamente, per onorare l'insegnamento delle tre scimmie? Possiamo iniziare con un piccolo gesto quotidiano: spegnere la televisione, chiudere il computer, mettere da parte il telefono e dedicarci a un'attività che nutra la nostra mente e il nostro spirito. Possiamo leggere un libro, ascoltare della musica, fare una passeggiata nella natura, meditare, pregare.

Possiamo scegliere consapevolmente le persone con cui ci circondiamo, evitando di frequentare coloro che ci trasmettono negatività, pessimismo, invidia. Possiamo cercare la compagnia di persone positive, ottimiste, generose, che ci ispirino a dare il meglio di noi stessi.

Possiamo imparare ad ascoltare gli altri con attenzione, con empatia, senza giudicare, senza interrompere, senza dare consigli non richiesti. Possiamo offrire il nostro sostegno, il nostro aiuto, la nostra comprensione a chi ne ha bisogno.

Possiamo scegliere con cura le parole che utilizziamo, evitando di dire cose che potrebbero ferire, offendere, umiliare gli altri. Possiamo parlare con sincerità, con onestà, con gentilezza, ricordando che le parole hanno il potere di costruire ponti, di creare legami, di diffondere amore e comprensione.

Possiamo, infine, impegnarci a essere agenti di cambiamento positivo nel mondo. Possiamo denunciare le ingiustizie, combattere la corruzione, difendere i diritti dei più deboli. Possiamo fare la nostra parte per costruire una società più giusta, più equa, più solidale.

Le tre scimmie non sono un monumento alla rassegnazione, ma un faro che illumina il cammino verso una saggezza attiva, consapevole, responsabile. Sta a noi cogliere il loro messaggio, interiorizzarlo e tradurlo in azioni concrete. Solo così potremo onorare la loro eredità e contribuire a costruire un mondo migliore, un mondo in cui la bellezza, la verità e la bontà possano trionfare sul male e sull'indifferenza. Un mondo dove, forse, non avremmo più bisogno di scimmie che si coprono gli occhi, le orecchie e la bocca, ma di uomini e donne che guardano, ascoltano e parlano con coraggio e compassione.

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