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Preghiera Semplice Di S. Francesco


Preghiera Semplice Di S. Francesco

Amico mio, sediamoci un attimo insieme e respiriamo. Lasciamo che la frenesia del mondo si allontani, giusto per un istante. Chiudiamo gli occhi, se ci fa sentire più a nostro agio, e concentriamoci sul respiro che entra ed esce. Lo sentiamo? Bene. Adesso, proviamo a sussurrare dentro di noi le parole di una preghiera che, pur nella sua semplicità, racchiude una saggezza immensa, un faro luminoso nel cammino a volte oscuro della vita: la Preghiera Semplice di San Francesco d'Assisi.

Non è una preghiera da recitare meccanicamente, come una filastrocca imparata a memoria. È un invito a un viaggio interiore, un percorso che ci conduce verso la vera essenza dell'amore, della pace e della comprensione. Non ci serve una chiesa maestosa, un altare dorato, né un coro celestiale per farla vibrare nel nostro cuore. Basta un angolo di tranquillità, un momento di silenzio, e la sincera volontà di aprirci alla sua profonda verità.

"Signore, fa' di me uno strumento della Tua pace..."

Iniziamo così, con un atto di umiltà, riconoscendo che da soli non siamo autosufficienti, che abbiamo bisogno di una forza superiore che ci guidi e ci sostenga. "Strumento". Non protagonisti, ma strumenti. Un pennello nelle mani di un artista divino, un archetto che fa vibrare le corde di un violino celeste. Un ruolo umile, certo, ma essenziale per la creazione di qualcosa di meraviglioso.

Non è forse questo il segreto della vera grandezza? Riconoscere i nostri limiti, accettare di non essere perfetti, e mettere i nostri talenti, le nostre capacità, al servizio di un ideale più grande di noi. Non per la gloria personale, non per il riconoscimento degli altri, ma per il semplice e puro desiderio di contribuire a rendere il mondo un posto migliore.

"Dove è odio, fa' ch'io porti l'amore..."

L'odio. Una forza oscura e distruttiva che avvelena le relazioni, alimenta le guerre, e spegne la speranza. Quante volte ci siamo sentiti sopraffatti da questo sentimento, quante volte abbiamo ceduto alla rabbia, al rancore, al desiderio di vendetta?

Ma Francesco ci invita a reagire in modo diverso, a trasformare l'odio in amore. Un compito arduo, certo, che richiede coraggio, pazienza e una profonda fede nell'umanità. Non significa ignorare il male, né giustificare le ingiustizie, ma piuttosto scegliere di non lasciarsi sopraffare dalla negatività, di cercare sempre una scintilla di umanità anche nel cuore più indurito.

Come possiamo farlo? Iniziando da noi stessi, perdonando le offese ricevute, abbandonando i pregiudizi, e aprendo il nostro cuore alla compassione. Ricordandoci che anche chi ci ha fatto del male è, in fondo, un essere umano fragile e vulnerabile, che ha bisogno di amore e comprensione.

"Dove è offesa, ch'io porti il perdono..."

Il perdono. Un atto di liberazione, non solo per chi lo riceve, ma soprattutto per chi lo concede. Un antidoto potente contro il veleno del rancore, una chiave che apre le porte della guarigione interiore.

Quante volte ci siamo sentiti feriti, traditi, umiliati? Quante volte abbiamo serbato nel cuore un dolore sordo e persistente, che ci ha impedito di vivere pienamente la nostra vita?

Ma Francesco ci ricorda che il perdono non è un atto di debolezza, ma di forza. Non è dimenticare il male subito, né giustificare chi lo ha commesso, ma piuttosto scegliere di non lasciarsi definire dal passato, di non permettere che il dolore ci controlli.

Perdonare è un processo lungo e difficile, che richiede tempo, pazienza e una profonda introspezione. Ma è un percorso necessario per ritrovare la pace interiore, per liberarci dalle catene del risentimento, e per aprirci a un futuro di speranza e di amore.

"Dove è discordia, ch'io porti l'unione..."

La discordia. Un seme velenoso che germoglia incomprensioni, litigi, divisioni. Una forza centrifuga che allontana le persone, rompe le relazioni, e distrugge la comunità.

Quante volte ci siamo sentiti coinvolti in conflitti, incomprensioni, dispute inutili? Quante volte abbiamo assistito impotenti alla rottura di un'amicizia, alla fine di un amore, alla disgregazione di una famiglia?

Ma Francesco ci invita a essere costruttori di ponti, a cercare sempre punti di incontro, a favorire il dialogo e la comprensione reciproca. Non significa rinunciare alle proprie idee, né cedere ai compromessi, ma piuttosto cercare di capire il punto di vista dell'altro, di ascoltare le sue ragioni, e di trovare una soluzione che soddisfi tutti.

L'unione non è uniformità. Non significa che tutti debbano pensare allo stesso modo, né che si debbano annullare le differenze. Ma piuttosto creare uno spazio di rispetto e di accettazione, dove ognuno possa esprimere la propria individualità, senza sentirsi giudicato o escluso.

Un Focus sull'Amore

"Dove è dubbio, ch'io porti la fede..."

Il dubbio. Un compagno di viaggio spesso scomodo, ma a volte necessario. Una voce interiore che ci interroga, ci mette in discussione, ci spinge a cercare risposte.

Quante volte ci siamo sentiti smarriti, confusi, incerti sul futuro? Quante volte abbiamo dubitato di noi stessi, degli altri, persino di Dio?

Ma Francesco ci invita a non aver paura del dubbio, a non considerarlo un nemico, ma piuttosto un'opportunità di crescita. Un invito a scavare più a fondo dentro di noi, a interrogarci sulle nostre convinzioni, a cercare la verità con cuore sincero.

La fede non è assenza di dubbio, ma piuttosto la capacità di credere nonostante il dubbio. Non è una certezza assoluta, ma piuttosto una fiducia incrollabile nella bontà dell'universo, nella forza dell'amore, nella possibilità di un futuro migliore.

"Dove è disperazione, ch'io porti la speranza..."

La disperazione. Un abisso oscuro e profondo, dove la luce sembra scomparire e la speranza si affievolisce fino a spegnersi. Un sentimento terribile che può paralizzare, annientare, e portare alla perdita del senso della vita.

Quante volte ci siamo sentiti sopraffatti dalla tristezza, dalla solitudine, dalla perdita di una persona cara? Quante volte abbiamo pensato di non farcela, di non avere più la forza di andare avanti?

Ma Francesco ci ricorda che anche nel momento più buio c'è sempre una scintilla di speranza che può riaccendersi. Un raggio di luce che può illuminare il cammino, un motivo per credere in un futuro migliore.

Portare la speranza significa non arrendersi mai, non perdere la fiducia nella vita, non smettere di credere nella bontà dell'essere umano. Significa tendere la mano a chi soffre, offrire una parola di conforto, dare un segno di affetto.

"Dove è tristezza, ch'io porti la gioia..."

La tristezza. Un'emozione umana e naturale, che fa parte della nostra esperienza di vita. Un'ombra che accompagna la luce, un contraltare alla felicità.

Quante volte ci siamo sentiti malinconici, abbattuti, insoddisfatti? Quante volte abbiamo desiderato di fuggire dalla realtà, di nasconderci dal mondo, di ritrovare la gioia perduta?

Ma Francesco ci invita a non lasciarci sopraffare dalla tristezza, a non permettere che ci avveleni l'anima. A cercare la gioia nelle piccole cose, nei momenti semplici, nei gesti di affetto.

La gioia non è assenza di tristezza, ma piuttosto la capacità di apprezzare la bellezza della vita, di trovare un significato profondo nell'esistenza, di condividere la felicità con gli altri.

"Dove sono le tenebre, ch'io porti la luce..."

Le tenebre. Simbolo dell'ignoranza, del male, della paura. Un velo che oscura la verità, che nasconde la bellezza, che impedisce di vedere la realtà nella sua interezza.

Quante volte ci siamo sentiti persi nell'oscurità, confusi, disorientati? Quante volte abbiamo avuto paura dell'ignoto, del futuro, della morte?

Ma Francesco ci invita a portare la luce, a dissipare le tenebre, a illuminare il cammino degli altri. Non significa avere tutte le risposte, né pretendere di conoscere la verità assoluta, ma piuttosto condividere la nostra conoscenza, la nostra esperienza, la nostra saggezza.

Portare la luce significa essere testimoni di speranza, di amore, di giustizia. Significa lottare contro l'ignoranza, la disuguaglianza, l'oppressione.

Il Culmine della Preghiera

"O Maestro, fa' che io non cerchi tanto di essere consolato, quanto di consolare; di essere compreso, quanto di comprendere; di essere amato, quanto di amare."

Qui la preghiera raggiunge il suo culmine, la sua essenza più profonda. Un invito a rovesciare la nostra prospettiva, a passare dal "ricevere" al "dare", dal "concentrarsi su se stessi" al "prendersi cura degli altri".

Non è egoismo, ma altruismo. Non è narcisismo, ma empatia. Non è dipendenza, ma libertà.

Consolare, comprendere, amare. Tre verbi che racchiudono l'essenza del vero amore, l'amore incondizionato, l'amore che non chiede nulla in cambio.

Consolare chi soffre, asciugare le lacrime di chi piange, offrire una spalla su cui appoggiarsi. Comprendere le ragioni degli altri, ascoltare le loro storie, accogliere le loro diversità. Amare senza riserve, senza pregiudizi, senza aspettative.

La Conclusione

"Poiché è dando, che si riceve; perdonando, che si è perdonati; morendo, che si risuscita a vita eterna."

La preghiera si conclude con una profonda affermazione paradossale: è solo donando che possiamo ricevere, è solo perdonando che possiamo essere perdonati, è solo morendo che possiamo risorgere a nuova vita.

Un invito a superare la paura della perdita, ad abbracciare la fragilità della condizione umana, a credere nella forza trasformatrice dell'amore.

Donare non significa privarsi di qualcosa, ma piuttosto arricchirsi interiormente. Perdonare non significa dimenticare, ma piuttosto liberarsi dal peso del risentimento. Morire non significa la fine di tutto, ma piuttosto l'inizio di una nuova esistenza.

Amico mio, spero che queste parole ti abbiano offerto un po' di conforto, di ispirazione, di speranza. Ricorda, la Preghiera Semplice di San Francesco non è solo una preghiera, ma un modo di vivere. Un invito a essere strumenti di pace, di amore, di gioia, nel mondo. Portiamola nel nostro cuore e cerchiamo di viverla ogni giorno, in ogni momento, in ogni situazione. E vedrai, il mondo diventerà un posto un po' più bello, un po' più luminoso, un po' più pieno di amore.

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