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Parafrasi Del Cantico Delle Creature


Parafrasi Del Cantico Delle Creature

Altissimo, onnipotente, bon Signore, Tue so' le laude, la gloria e l'onore et onne benedictione.

Parafrasare il Cantico delle Creature non è semplicemente tradurne le parole in un linguaggio più moderno, ma penetrare nel cuore pulsante della visione francescana del mondo. È un atto di riverenza, un tentativo di rendere accessibile, pur mantenendo intatta la sacralità, la profonda connessione che San Francesco sentiva con ogni aspetto del creato.

Non si tratta di una semplice sostituzione lessicale. Non si tratta di trasformare "Altissimo, onnipotente, bon Signore" in un banale "Dio, sommo e buono". Si tratta, piuttosto, di comprendere l'intensità dell'amore e della devozione che trasudano da ogni sillaba, di restituire, attraverso una riformulazione ponderata, la ricchezza semantica e l'eco spirituale del testo originale.

Questo capolavoro di lode, questo inno cosmico, non è solo un'espressione di fede, ma una dichiarazione d'amore incondizionato per la creazione intera. Francesco, liberandosi dalle catene del materialismo e dalle convenzioni sociali, abbraccia la povertà e si fa fratello di ogni essere vivente. Il sole diventa "frate Sole", la luna "sora Luna", il vento "frate Vento". Ogni elemento della natura, animato o inanimato, assume una dignità nuova, un valore intrinseco che riflette la perfezione divina.

Parafrasare il Cantico significa quindi cogliere questa profonda umanità, questa capacità di vedere Dio in ogni cosa. Significa interpretare la gioia incontenibile che scaturisce dalla contemplazione della bellezza del creato, la gratitudine sincera per i doni che la vita ci offre, la consapevolezza della nostra intrinseca connessione con l'universo intero.

La difficoltà non risiede solo nel linguaggio, ma nella necessità di restituire l'aura di sacralità e di mistero che avvolge il Cantico. Non possiamo banalizzare l'esperienza mistica di Francesco, ridurre la sua visione profonda a un semplice esercizio di stile. Dobbiamo, al contrario, cercare di penetrare nel suo spirito, di sentire il suo amore per la natura, di percepire la sua gioia di vivere.

Ogni tentativo di parafrasi deve quindi essere guidato da un profondo rispetto per il testo originale e da una consapevolezza della sua importanza storica e spirituale. Non possiamo permetterci di tradirlo, di svuotarlo del suo significato, di ridurlo a una semplice espressione poetica. Dobbiamo, al contrario, cercare di valorizzarlo, di renderlo accessibile a un pubblico più ampio, di preservare la sua bellezza e la sua potenza per le generazioni future.

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L'Anima della Parafrasi: Rivelare la Profondità

La vera essenza della parafrasi risiede nella capacità di rivelare la profondità del testo originale, di portare alla luce le sfumature e i significati nascosti che spesso sfuggono a una lettura superficiale. Nel caso del Cantico delle Creature, questo significa comprendere l'intimo rapporto tra Francesco e la natura, la sua visione panteistica, la sua profonda umiltà e la sua incrollabile fede.

Si pensi, ad esempio, all'espressione "Laudato si', mi' Signore, per sora Acqua". Non si tratta semplicemente di ringraziare Dio per l'acqua. Si tratta di riconoscere la sua utilità, la sua umiltà, la sua preziosità. L'acqua, elemento essenziale per la vita, è presentata come "umile et pretiosa et casta". Francesco ne esalta la purezza, la sua capacità di adattarsi a ogni forma, la sua essenzialità per la sopravvivenza. Parafrasare questa espressione significa quindi esplicitare questi significati impliciti, rendere più chiaro il messaggio di Francesco.

Allo stesso modo, l'elogio al "frate Foco" non è solo un riconoscimento della sua forza distruttiva, ma anche della sua bellezza, della sua vivacità, della sua capacità di illuminare e riscaldare. "Et ellu è bellu et iocundo et robustoso et forte". Francesco sottolinea la sua energia, la sua allegria, la sua potenza. Parafrasare questa espressione significa rendere più evidente la duplice natura del fuoco, la sua capacità di creare e distruggere, di dare vita e morte.

La parafrasi, in definitiva, è un atto di interpretazione, un tentativo di comprendere il pensiero dell'autore e di renderlo accessibile a un pubblico più ampio. Ma è anche un atto di umiltà, un riconoscimento della nostra limitatezza di fronte alla grandezza dell'opera originale. Non possiamo pretendere di sostituirci all'autore, di migliorare il suo testo. Possiamo solo cercare di comprenderlo meglio e di condividerlo con gli altri.

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L'obiettivo ultimo di una parafrasi ben fatta è quindi quello di avvicinare il lettore al testo originale, di invogliarlo a leggerlo e a meditarci sopra. Non si tratta di fornire una versione semplificata e impoverita, ma di offrire una chiave di lettura, un aiuto per comprendere la ricchezza e la complessità del Cantico delle Creature.

Consideriamo infine la lode per "quelli ke perdonano per lo Tuo amore / e sostengono infirmitate et tribulatione". Francesco eleva a virtù suprema il perdono e la capacità di sopportare le sofferenze. Non si tratta di un semplice atto di rassegnazione, ma di una scelta consapevole, di una dimostrazione di amore verso Dio e verso il prossimo. Parafrasare questa espressione significa sottolineare la forza morale di chi perdona e di chi sopporta, la sua capacità di superare le difficoltà e di trasformare il dolore in amore.

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La Sfida di un Linguaggio Atemporale

Una delle sfide più ardue nella parafrasi del Cantico delle Creature è la necessità di utilizzare un linguaggio che sia al tempo stesso accessibile e rispettoso del testo originale. Dobbiamo evitare di cadere nella trappola di un linguaggio troppo moderno e banale, che rischierebbe di snaturare la sacralità del Cantico. Ma dobbiamo anche evitare di utilizzare un linguaggio troppo arcaico e incomprensibile, che renderebbe difficile la lettura e la comprensione del testo.

Il linguaggio ideale per una parafrasi del Cantico delle Creature dovrebbe essere un linguaggio atemporale, capace di trascendere le mode e le convenzioni linguistiche. Dovrebbe essere un linguaggio semplice e diretto, ma al tempo stesso ricco di significato e di suggestioni. Dovrebbe essere un linguaggio capace di evocare le immagini e le emozioni che Francesco voleva trasmettere, di farci sentire la sua gioia, il suo amore, la sua fede.

Questo richiede un'attenta scelta delle parole, una cura particolare per la musicalità del testo, una profonda conoscenza della lingua italiana e della sua storia. Richiede anche una sensibilità artistica, una capacità di percepire la bellezza e la potenza del Cantico, di trasformare le parole in emozioni.

La vera arte della parafrasi, in definitiva, consiste nel trovare il giusto equilibrio tra fedeltà al testo originale e accessibilità al lettore. Consiste nel saper rendere il Cantico delle Creature un'opera viva e attuale, capace di parlare al cuore di ogni uomo e di ogni donna, di ispirare amore, gratitudine e rispetto per la creazione intera. Un'opera che, parafrasata, continui a risuonare con la stessa forza e intensità con cui risuonava nel cuore di San Francesco d'Assisi.

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