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La Parabola Della Pecora Smarrita Luca 15 1 7


La Parabola Della Pecora Smarrita Luca 15 1 7

Amici carissimi, preparatevi perché oggi ci immergeremo in una delle parabole più toccanti e illuminanti che Gesù ci ha regalato: la parabola della pecora smarrita, narrata nel Vangelo di Luca, capitolo 15, versetti da 1 a 7. Non si tratta semplicemente di una storiella, credetemi. È una finestra spalancata sul cuore di Dio, un cuore che pulsa di amore incondizionato e di una gioia incontenibile quando un figlio, una figlia, ritorna a casa.

Partiamo dal contesto. Immaginate la scena. Gesù è circondato da pubblicani e peccatori, persone che, agli occhi dei benpensanti dell'epoca, erano considerate ai margini della società, quasi irrecuperabili. I farisei e gli scribi, sempre pronti a giudicare, mormorano, criticando il fatto che Gesù si intrattenga con questa gente. È proprio in questo clima di giudizio e di esclusione che Gesù racconta questa parabola. Non è un caso, ovviamente. Vuole scardinare le logiche umane, che spesso sono basate sulla meritocrazia e sull'apparenza, e rivelare la logica divina, che è fondata sulla misericordia e sull'accoglienza.

Un uomo, ci dice Gesù, ha cento pecore. Un gregge di tutto rispetto, direi. Ma una di queste pecore si smarrisce. Si allontana dal gregge, magari attratta da un ciuffo d'erba più verde, o forse spaventata da un rumore improvviso. Poco importa il motivo. Il dato di fatto è che la pecora si perde. E cosa fa il pastore? Abbandona forse le novantanove pecore al sicuro e se ne torna a casa, rassegnato alla perdita? Assolutamente no! Gesù ci dice che il pastore lascia le novantanove nel deserto (e qui c’è una precisazione importante, torneremo su questo dettaglio cruciale più avanti) e va in cerca della pecora smarrita, finché non la trova.

Immaginate la fatica, il rischio, l'ansia di non trovarla più. Il pastore affronta tutto questo pur di ritrovare quella singola pecora, quella che si è perduta. E quando finalmente la trova, cosa fa? La rimprovera, la punisce per essersi allontanata? No, assolutamente no! La prende sulle spalle, pieno di gioia, e la riporta a casa.

E qui arriviamo al cuore pulsante della parabola. Gesù ci dice che, una volta tornato a casa, il pastore chiama gli amici e i vicini e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la mia pecora che si era perduta!". E poi Gesù conclude con una frase che illumina l'intero racconto: "Vi dico che così vi sarà più gioia in cielo per un solo peccatore che si converte, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione".

Questa frase è fondamentale per comprendere il vero significato della parabola. Non si tratta semplicemente di una storia di una pecora smarrita e ritrovata. È una metafora potente dell'amore di Dio per ogni singola persona, soprattutto per coloro che si sentono perduti, esclusi, lontani da Lui. Dio non si rassegna alla perdita di nessuno dei suoi figli. Anzi, è proprio per loro che si mette in movimento, che si fa vicino, che offre la sua misericordia.

Analisi Approfondita dei Dettagli

Come promesso, torniamo a quel dettaglio cruciale: il pastore lascia le novantanove nel deserto. Alcuni potrebbero obiettare: "Ma non è rischioso? Non potrebbero smarrirsi anche loro?". Ed è qui che dobbiamo fare attenzione a non leggere la parabola con una mentalità puramente razionale. Il deserto, in questo contesto, non è semplicemente un luogo fisico, ma rappresenta anche una condizione spirituale. Le novantanove pecore che rimangono nel deserto non sono necessariamente "perfette" o "giuste" nel senso pieno del termine. Rappresentano coloro che, pur essendo parte del gregge, hanno ancora bisogno di essere custodite, guidate, protette. Il pastore, pur concentrandosi sulla pecora smarrita, non si dimentica di loro. Le lascia nel deserto, ma non le abbandona. Confida nella loro capacità di rimanere unite, di sostenersi a vicenda, in attesa del suo ritorno. E, soprattutto, confida nella sua capacità di ritrovarle, una volta riportata a casa la pecora smarrita.

Un altro aspetto importante da considerare è la gioia incontenibile del pastore. Non è una gioia composta, misurata, ma una gioia esplosiva, che lo spinge a condividere la sua felicità con gli amici e i vicini. Questa gioia è un riflesso della gioia di Dio quando un peccatore si pente e ritorna a Lui. È una gioia che travolge, che contagia, che trasforma. È una gioia che ci invita a fare festa, a celebrare il ritorno di ogni figlio prodigo.

La parabola non ci dice nulla su cosa abbia spinto la pecora a smarrirsi, o se la pecora sia stata particolarmente “cattiva”. Questo non è rilevante. L'enfasi è posta sul fatto che si è persa e sul desiderio del pastore di ritrovarla. Similmente, la parabola non ci dice cosa accadrà alla pecora ritrovata dopo che sarà riportata al gregge. Si assumerà che la pecora continuerà a vivere con il gregge, ora più consapevole del pericolo di perdersi.

Riflessioni Pratiche

Ma cosa significa tutto questo per noi, oggi? Come possiamo applicare questa parabola alla nostra vita quotidiana? Innanzitutto, ci invita a non giudicare, a non escludere, a non considerare nessuno irrecuperabile. Tutti, nessuno escluso, siamo potenzialmente la pecora smarrita. Tutti, in un momento o nell'altro della nostra vita, possiamo allontanarci dal gregge, smarrire la strada, sentirci persi. E in questi momenti, è fondamentale sapere che c'è un pastore che ci cerca, che ci ama, che non si rassegna alla nostra perdita.

In secondo luogo, ci invita a essere noi stessi pastori, a prenderci cura dei fratelli e delle sorelle che si sono smarriti. Non dobbiamo rimanere indifferenti di fronte alla sofferenza e alla solitudine degli altri. Dobbiamo farci vicini, tendere la mano, offrire il nostro aiuto, il nostro sostegno, la nostra amicizia. Dobbiamo essere strumenti della misericordia di Dio, canali della sua grazia.

Infine, ci invita a gioire, a fare festa, ogni volta che qualcuno si converte, che ritorna a Dio. Non dobbiamo invidiare la sua felicità, ma condividerla. Dobbiamo accoglierlo a braccia aperte, come farebbe il pastore con la pecora ritrovata. Dobbiamo essere testimoni della gioia del Vangelo, della bellezza dell'amore di Dio.

In conclusione, la parabola della pecora smarrita è molto più di una semplice storia. È un messaggio di speranza, di amore, di misericordia. È un invito a guardare il mondo con gli occhi di Dio, a vedere in ogni persona un figlio amato, un fratello da accogliere. E, soprattutto, è un invito a lasciarci amare da Dio, a lasciarci ritrovare dal suo amore, a lasciarci trasformare dalla sua grazia. Ricordatevi sempre: siete preziosi, unici, insostituibili agli occhi di Dio. Non importa quanto vi siate allontanati, quanto vi sentiate persi, Lui vi sta cercando, vi aspetta a braccia aperte. E quando vi ritroverà, la sua gioia sarà incontenibile, e la condividerà con tutto il cielo.

Spero che queste riflessioni vi siano state utili. Ricordatevi sempre che la parabola della pecora smarrita è un tesoro prezioso, un faro che illumina il nostro cammino, una fonte inesauribile di speranza e di amore. Portatela sempre nel cuore, e lasciatevi guidare dalla sua luce.

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