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I Divorziati Possono Fare La Comunione


I Divorziati Possono Fare La Comunione

Nel cuore pulsante della fede cattolica, la questione della comunione per i divorziati risposati ha rappresentato, per decenni, una ferita aperta, un dibattito acceso che ha interrogato le coscienze e messo alla prova la misericordia della Chiesa. Il cammino verso una possibile risoluzione, o quantomeno una comprensione più profonda, è stato lungo e costellato di sfumature delicate. Scrivere di questo tema impone un'attenta ponderazione, un rispetto profondo per le diverse sensibilità e una consapevolezza della sua intrinseca complessità.

La dottrina tradizionale, radicata nelle Sacre Scritture e nella bimillenaria prassi della Chiesa, ha sempre considerato il matrimonio come un sacramento indissolubile. Il divorzio, pur legalmente riconosciuto in molti contesti civili, non dissolve il vincolo sacramentale agli occhi di Dio. Di conseguenza, coloro che, dopo un divorzio, contraggono un nuovo matrimonio civile, si trovano in una situazione oggettivamente irregolare rispetto alla dottrina cattolica sul matrimonio e, per lungo tempo, sono stati esclusi dalla comunione eucaristica. Questa esclusione, tuttavia, ha spesso generato sofferenza e un senso di profonda marginalizzazione. Persone desiderose di partecipare pienamente alla vita della Chiesa si sono trovate di fronte a un muro apparentemente insormontabile, un bivio tra la loro fede e la loro situazione familiare.

La compassione, la misericordia e la necessità di un discernimento caso per caso hanno gradualmente fatto breccia nel dibattito. Si è cominciato a riflettere sulle diverse responsabilità nei fallimenti matrimoniali, sulle circostanze in cui il primo matrimonio potrebbe essere stato nullo fin dall'inizio (pur non essendo stata formalmente dichiarata tale nullità), e sulla necessità di un accompagnamento pastorale più attento e personalizzato. Il grido di dolore di tante famiglie ferite ha risuonato sempre più forte, portando la Chiesa a interrogarsi sulla sua capacità di accogliere e integrare pienamente queste persone.

L'esortazione apostolica Amoris Laetitia, pubblicata da Papa Francesco nel 2016, ha rappresentato un punto di svolta significativo. Pur riaffermando l'indissolubilità del matrimonio e la dottrina tradizionale, il documento apre a una prospettiva pastorale più ampia e inclusiva. Amoris Laetitia invita i pastori ad accogliere, accompagnare, discernere e integrare i divorziati risposati, riconoscendo che non tutte le situazioni sono identiche e che è necessario valutare caso per caso. Il documento sottolinea l'importanza del "foro interno", ovvero del dialogo tra il fedele e il suo confessore o direttore spirituale, per discernere, alla luce della fede e della morale cattolica, quale sia il cammino più appropriato per la persona.

L'Accompagnamento Pastorale e il Discernimento

L'accompagnamento pastorale, come delineato in Amoris Laetitia, è un processo delicato che richiede grande sensibilità, competenza e discrezione. Non si tratta di una semplice formalità, ma di un vero e proprio cammino di fede, un percorso di discernimento spirituale in cui la persona, guidata da un sacerdote o da un altro accompagnatore esperto, è chiamata a riflettere sulla propria situazione matrimoniale, sulle proprie responsabilità, sul proprio rapporto con Dio e con la Chiesa. Questo processo può includere la preghiera, la riflessione sulla Parola di Dio, la partecipazione a gruppi di sostegno e la consultazione con esperti, come psicologi o consulenti familiari.

Il discernimento, a sua volta, è un processo di valutazione più approfondito, in cui si cerca di comprendere se, alla luce della fede e della morale cattolica, la persona possa essere ammessa alla comunione eucaristica. Questo discernimento deve tener conto di diversi fattori, tra cui la buona fede della persona, il suo desiderio di vivere in conformità con gli insegnamenti della Chiesa, il suo impegno a educare i figli nella fede cristiana e, soprattutto, il suo pentimento per eventuali peccati commessi.

È fondamentale sottolineare che Amoris Laetitia non autorizza automaticamente tutti i divorziati risposati a ricevere la comunione. Il documento ribadisce che la comunione eucaristica è riservata a coloro che si trovano in una situazione oggettivamente regolare rispetto alla dottrina cattolica sul matrimonio. Tuttavia, Amoris Laetitia apre la porta alla possibilità che, in alcune circostanze particolari, dopo un adeguato discernimento e un sincero pentimento, la persona possa essere ammessa alla comunione, pur rimanendo nella sua situazione di divorziata risposata.

Le linee guida pratiche per l'applicazione di Amoris Laetitia sono state lasciate alla discrezione delle singole diocesi e conferenze episcopali. Questo ha portato a una certa varietà di approcci e interpretazioni in diverse parti del mondo. Alcune diocesi hanno adottato linee guida più restrittive, mentre altre hanno adottato linee guida più permissive. Tuttavia, in generale, si può dire che l'approccio prevalente è quello di un accompagnamento pastorale attento e personalizzato, finalizzato a discernere, caso per caso, quale sia il cammino più appropriato per la persona.

Uno degli aspetti più delicati del discernimento riguarda la questione della continenza. La dottrina tradizionale della Chiesa insegna che, in caso di divorzio e nuova unione, la coppia è chiamata a vivere in continenza, astenendosi dai rapporti sessuali. Tuttavia, Amoris Laetitia riconosce che questa richiesta può essere difficile da realizzare in alcune circostanze, soprattutto quando ci sono figli da educare. In questi casi, il discernimento deve tener conto della stabilità della nuova unione, del bene dei figli e della capacità della coppia di vivere in un rapporto di amore e rispetto reciproco, pur astenendosi dai rapporti sessuali.

È importante notare che il dibattito sulla comunione per i divorziati risposati continua ancora oggi all'interno della Chiesa. Ci sono opinioni diverse e approcci diversi, ma c'è un consenso generale sulla necessità di un accompagnamento pastorale attento e personalizzato, finalizzato a discernere, caso per caso, quale sia il cammino più appropriato per la persona. La Chiesa è chiamata ad essere madre e maestra, ad accogliere tutti i suoi figli, soprattutto quelli che si trovano in difficoltà, e ad accompagnarli nel loro cammino di fede.

La questione della comunione per i divorziati risposati è, in definitiva, una questione di misericordia e di giustizia. La Chiesa è chiamata ad essere misericordiosa verso coloro che si trovano in difficoltà, ma anche a essere giusta nel preservare la dottrina tradizionale sul matrimonio. Trovare un equilibrio tra questi due imperativi è una sfida complessa, ma è una sfida che la Chiesa è chiamata ad affrontare con coraggio, umiltà e amore.

La speranza è che, attraverso un dialogo sincero e un accompagnamento pastorale attento, la Chiesa possa trovare un modo per accogliere e integrare pienamente i divorziati risposati, permettendo loro di partecipare pienamente alla vita della comunità ecclesiale e di sperimentare la gioia del Vangelo. Il percorso è ancora lungo, ma la direzione sembra chiara: un approccio pastorale più inclusivo, basato sulla misericordia, sul discernimento e sull'amore.

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