Come Nasce Lo Stato Di Israele

Immagina un popolo, perseguitato per secoli, che anela a un posto da chiamare casa. Un luogo dove poter vivere in sicurezza, preservare la propria cultura e determinare il proprio destino. Questa è, in poche parole, la storia della nascita dello Stato di Israele. Ma la realtà, come spesso accade, è molto più complessa di questa semplice descrizione.
Un Sogno Millenario: Il Sionismo
Il desiderio di un ritorno alla terra d'Israele, la Terra Promessa, ha radici profonde nella storia ebraica. Dopo la distruzione del Secondo Tempio nel 70 d.C. e la conseguente diaspora (dispersione) degli ebrei in tutto il mondo, il sogno di ritornare a Sion è rimasto vivo per generazioni. Questo sogno, inizialmente un'aspirazione religiosa e culturale, si trasformò in un movimento politico nel tardo XIX secolo: il Sionismo.
Theodor Herzl, considerato il padre del Sionismo moderno, pubblicò nel 1896 Der Judenstaat ("Lo Stato ebraico"), un libro che invocava la necessità di uno stato ebraico per risolvere la "questione ebraica" dell'antisemitismo europeo. Herzl sosteneva che l'assimilazione non era la soluzione e che solo un proprio stato avrebbe garantito la sicurezza e la sopravvivenza del popolo ebraico. Nel 1897, Herzl convocò il Primo Congresso Sionista a Basilea, in Svizzera, dove fu fondata l'Organizzazione Sionista Mondiale, segnando un passo fondamentale verso la realizzazione del sogno sionista.
Le Prime Migrazioni
Già prima della nascita del Sionismo politico, piccoli gruppi di ebrei avevano iniziato a tornare nella terra d'Israele, allora parte dell'Impero Ottomano. Queste prime ondate di immigrazione, conosciute come Aliyah (plurale: Aliyot, che significa "ascesa"), erano motivate da ragioni religiose e dal desiderio di ricostruire una presenza ebraica nella terra dei loro antenati. Tuttavia, fu con la crescita del movimento sionista e l'aumento dell'antisemitismo in Europa che le Aliyot assunsero una dimensione più ampia e organizzata.
Tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, ondate successive di ebrei, provenienti soprattutto dall'Europa orientale, iniziarono ad arrivare in Palestina, acquistando terre e fondando insediamenti agricoli, i kibbutz, basati su principi di cooperazione e uguaglianza. Queste prime comunità affrontarono sfide enormi, tra cui condizioni climatiche difficili, malattie, mancanza di infrastrutture e, soprattutto, crescenti tensioni con la popolazione araba locale.
Il Mandato Britannico e le Crescenti Tensioni
Dopo la Prima Guerra Mondiale, l'Impero Ottomano fu smembrato e la Palestina passò sotto il controllo britannico, diventando un Mandato della Società delle Nazioni. La Dichiarazione Balfour del 1917, in cui il governo britannico si dichiarava favorevole alla creazione di una "focolare nazionale per il popolo ebraico" in Palestina, alimentò ulteriormente le speranze sioniste, ma contemporaneamente esacerbò le tensioni con la popolazione araba, che vedeva l'immigrazione ebraica come una minaccia alla propria identità e ai propri diritti.
Durante il Mandato Britannico, la popolazione ebraica in Palestina crebbe significativamente, passando da circa il 10% nel 1917 a circa il 30% nel 1947. Questa crescita demografica, unita all'organizzazione politica e alla crescente forza economica della comunità ebraica, allarmò i leader arabi, che temevano di essere sopraffatti e privati delle proprie terre. Scoppiarono quindi frequenti rivolte e scontri tra arabi ed ebrei, che resero la situazione in Palestina sempre più instabile.
Il governo britannico, incapace di trovare una soluzione che soddisfacesse entrambe le parti, si trovò di fronte a un dilemma sempre più difficile. Da un lato, si era impegnato a sostenere la creazione di una focolare nazionale ebraica; dall'altro, era consapevole della necessità di proteggere i diritti della popolazione araba e di mantenere la pace nella regione. La situazione si complicò ulteriormente con l'ascesa del nazismo in Europa e la crescente persecuzione degli ebrei, che spinse un numero ancora maggiore di ebrei a cercare rifugio in Palestina.
La Risoluzione ONU e la Guerra del 1948
Dopo la Seconda Guerra Mondiale e l'orrore dell'Olocausto, la simpatia internazionale nei confronti del movimento sionista aumentò notevolmente. Nel 1947, il governo britannico, ormai esausto e incapace di gestire la situazione in Palestina, portò la questione all'attenzione delle Nazioni Unite. L'ONU nominò una commissione speciale, l'UNSCOP (United Nations Special Committee on Palestine), che propose un piano di partizione della Palestina in uno stato arabo e uno stato ebraico, con Gerusalemme sotto controllo internazionale.
Il 29 novembre 1947, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò la Risoluzione 181, che sanciva il piano di partizione. La comunità ebraica accettò il piano, sebbene con alcune riserve; i leader arabi, invece, lo rifiutarono categoricamente, ritenendolo ingiusto e illegittimo. Il giorno dopo l'approvazione della Risoluzione, scoppiò la guerra civile tra arabi ed ebrei in Palestina.
Il 14 maggio 1948, il giorno in cui scadeva il Mandato Britannico, David Ben-Gurion, leader del movimento sionista, proclamò l'indipendenza dello Stato di Israele. Il giorno successivo, gli eserciti di Egitto, Giordania, Siria, Libano e Iraq invasero Israele, dando inizio alla Guerra arabo-israeliana del 1948, nota anche come la Guerra d'Indipendenza di Israele.
La guerra fu sanguinosa e costosa, ma alla fine Israele riuscì a difendere la propria indipendenza e ad espandere il proprio territorio rispetto a quanto previsto dal piano di partizione dell'ONU. La guerra ebbe conseguenze devastanti per la popolazione araba palestinese, con centinaia di migliaia di persone costrette a fuggire dalle proprie case e a diventare rifugiati. Questo evento, noto come Nakba ("catastrofe") per i palestinesi, rimane una ferita aperta e una delle principali cause del conflitto israelo-palestinese.
Il Dopo Guerra e le Sfide Attuali
La nascita dello Stato di Israele nel 1948 segnò la fine di un lungo e travagliato percorso, ma fu anche l'inizio di una nuova fase, caratterizzata da conflitti, sfide e sforzi per costruire una nazione e una società sicura e prospera. Dalla sua fondazione, Israele ha dovuto affrontare numerose guerre e attacchi terroristici, ma è anche riuscito a sviluppare un'economia avanzata, una società democratica e una cultura vibrante.
Tuttavia, il conflitto israelo-palestinese rimane irrisolto e rappresenta la principale sfida per il futuro di Israele. La questione dei confini, dei rifugiati palestinesi, di Gerusalemme e degli insediamenti israeliani nei territori occupati sono tutti elementi che contribuiscono alla complessità e alla persistenza del conflitto. Trovare una soluzione giusta e duratura che soddisfi le aspirazioni di entrambe le parti è essenziale per garantire la pace e la sicurezza nella regione.
La storia della nascita dello Stato di Israele è una storia di speranza, di resilienza e di determinazione. È la storia di un popolo che ha lottato per il proprio diritto all'autodeterminazione e che, nonostante le difficoltà, è riuscito a realizzare il proprio sogno. Comprendere questa storia è fondamentale per capire le dinamiche attuali del Medio Oriente e per contribuire a costruire un futuro di pace e di prosperità per tutti i popoli della regione.







